profiloIL FUNAMBOLO
di Jean Genet
regia di Daniele Salvo | con Andrea Giordana, Giuseppe Zeno, Melania Giglio

Verso la fine del 1956 Jean Genet conobbe un giovane artista del circo, Abdallah Bentaga, figlio di un acrobata algerino e di una tedesca. Lo scrittore francese si legò a lui in un rapporto che lo indusse a peregrinare per l'Europa. Nel corso dei loro spostamenti Genet cercò di convincere Abdallah, che lavorava come giocoliere e acrobata al suolo, a salire sul filo da funambolo. Lo plagiò sino a indurlo a sottoporsi a un estenuante allenamento. Il giovane algerino cadde dal filo una prima volta nel 1959, ma vi risalì. Si unì alla compagnia del Circo Orfei per una tournée in Kuwait. Ma ricadde una seconda volta e fu la fine della sua carriera. Genet era convinto di aver realizzato con Abdallah, suo doppio narcisistico, una sorta di capolavoro che l'imperizia e la debolezza del ragazzo mandò in malora, come scrisse a un amico. Nel febbraio del 1964 Abdallah inghiottì un barbiturico e si tagliò le vene. Sette anni prima Genet aveva scritto per lui e su di lui un piccolo poema in prosa, Il funambolo. E' uno dei testi più belli dello scrittore, uno dei suoi più sfavillanti, dove mette allo scoperto la sua estetica ma anche la sua erotica. Si tratta di un grande inno alla Poesia della creazione artistica, ai suoi misteri, alle sue gioie e dolori, alla sua danza. L’artista, come il Funambolo, è colui che rischia tutto se stesso nell’atto creativo. E’ colui che incessantemente cammina sul filo del tempo e mette in gioco la sua stessa vita per regalare un poco di bellezza e di luce.

Il progetto prevede l’incontro di diverse discipline artistiche: teatro di parola, danza, circo, musica, tese alla realizzazione di uno spettacolo di emozione pura, di levità mozartiana, di luce abbagliante. Il teatro qui diviene sfida metafisica, atto poetico attivo, forza dirompente tesa ad “infrangere la barriera che ci separa dai morti”. La morte qui, si tocca con mano. Soffia sul collo dell’artista, lo mette alle strette, lo fa sentire solo, lo fa cadere e lo fa risorgere. Ma dalla morte si creano universi, si crea la luce e la vita. Solo così si può tornare sul filo e combattere ancora.

Daniele Salvo

TRADUZIONE Giorgio Pinotti
CON Andrea Giordana, Giuseppe Zeno, Melania Giglio
DANZATORI Yari Molinari, Giovanni Scura
REGIA Daniele Salvo
MUSICHE ORIGINALI Marco Podda
COREOGRAFIE Ricky Bonavita
SCENE DESIGN Fabiana Di Marco
COSTUMI Daniele Gelsi
LUCI Beppe Filipponio
VIDEOPROIEZIONI Aqua Micans
Aiuto regia Raffaele Latagliata 
Assistente scenografo Giovanna Stinga
Direttore di Scena Adriano De Ritis
Capo Macchinista Luigi Flammia 
Sarta Piera Mura 
Video Paride Donatelli
Ufficio Stampa Viola Sbragia 
Organizzazione Teresa Rizzo
progetto grafico Mario Toccafondi


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